Goethe vs Shakespeare: 1 a 0

Goethe vs Shakespeare: 1 a 0

pubblicato in Dalla Rete

da il 26 settembre 2012

Riportiamo l’interessante e illuminante articolo a firma di CATERINA PASOLINI sull’edizione on line di Repubblica che mette in luce un’importante inversione di tendenza nella scelta della secondo lingua straniera da studiare.

“Una volta erano soprattutto aspiranti filosofi, letterati, studiosi di teologia. Ora c’è Andrea, che fa l’ingegnere e presto partirà per Monaco, Stefano, medico in un grande ospedale milanese che andrà a Zurigo, e Simone, avvocato tributarista romano, che dalla capitale invece per ora non si muove. Hanno storie, lavori, città diverse alle spalle. Ad unirli la decisione, a più di 30 anni, di mettersi a studiare il tedesco. Lo studiano, con l’urgenza, l’impegno, la stanchezza di chi ha ore di ufficio e corsia sulle spalle, per reinventarsi una vita e trovare nuovi impieghi, per garantirsi un presente economico più solido, moltiplicare i clienti, ridisegnarsi un futuro in anni di crisi nera.Nell’ultimo anno nel nostro paese gli allievi di tedesco sono cresciuti del 18 per cento, a seguire una tendenza che percorre l’Europa e si intensifica man mano che si rafforza l’economia di Berlino: se infatti in Portogallo l’aumento degli alunni è di ben il 62 per cento, in Spagna siamo al 38 per cento in due anni e in Grecia al 30 per cento in soli sei mesi.Ormai non è più questione di letteratura o teologia, è l’economia a dettare le scelte e così se quando cadde il Muro di Berlino e si aprirono i mercati dell’est si moltiplicarono gli appassionati di russo, ora è la volta della mandarino per conquistare la Cina e della lingua di Thomas Mann per aprirsi ai mercati tedeschi, svizzeri o del Lussemburgo, mentre il portoghese nella sua pronuncia più dolce e ricca di saudade ha ritrovato fulgore da quando il Brasile è diventano una vera locomotiva.”È vero, il boom del tedesco coincide con la crisi, ma non dimentichiamoci che siamo il vostro primo partner commerciale e che in Germania c’è grande richiesta di medici, ingegneri, tanto che noi organizziamo corsi specifici per le diverse professioni, dai giuristi agli insegnanti, ai dottori”, racconta Thilo Will del Goethe Institut, l’istituto di cultura nazionale che organizza lezioni per 5 mila studenti in 4 sedi. Tra loro storie diverse. C’è chi comincia a guardare a nord già dall’università come Federica Fraschetti, vent’anni, che a Roma studia biomedicina e nel tempo libero sogna anche in tedesco perché “visti i chiari di luna in Italia e le possibilità di lavoro nel mio settore in Germania, mi tengo una porta aperta e spero in uno stage magari a Berlino”. C’è anche chi si muove a 40 anni come Alessandro Nervetti che, assunto nel ’99 in una banca tedesca, con inglese e francese già fluenti, ora si è messo ad imparare la lingua dei suoi datori di lavoro “perché negli ultimi tempi sempre più le pratiche si fanno nella lingua madre aziendale, e poi avrò più prospettive”. Pasqualino, manager cinquantenne del settore automobilistico, cerca invece “una nuova occasione in paesi dove ti valutano per i risultati che porti, non come qui dove ti considerano per i minuti che passi seduto davanti alla scrivania”. Mentre Fabio Tonelli, dopo le lezioni di lingua, il sogno l’ha già realizzato: andare a lavorare alla Bmw.Il tedesco viene visto ormai come ancora per un posto di lavoro. La Germania è infatti il primo partner commerciale per l’Italia con il 15,9 per cento delle importazioni e il 13 per cento delle esportazioni, ma soprattutto qui ci sono 2.300 imprese a capitale tedesco (come Bosch, Mercedes, Lufthansa, Porsche) che danno lavoro a 170 mila italiani e hanno rapporti con decine di aziende nostrane. Soprattutto al nord e così tra Torino e Milano si moltiplicano i corsi aziendali, anche per duecento dipendenti, in maggioranza nel settore automobilistico. E visto il giro commerciale c’è anche chi come Simone Covino, tributarista, non pensa di trasferirsi, ma si è messo a studiare il tedesco perché “sono sempre di più gli imprenditori che vogliono aprire all’estero, soprattutto in Svizzera”. E come lui sono tanti quelli che restano, che magari non vogliono partire ma imparano la lingua di Berlino pensando di lavorare nel commercio, nel turismo visto che su dieci che scelgono il nostro paese per le vacanze quattro arrivano da Germania, Austria, Svizzera. Pronti a dire “Ich liebe dich”.

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