Sul traduttore invisibile

Sul traduttore invisibile

pubblicato in Professioni, Qualità

da il 20 agosto 2012 4 commenti

Ci siamo imbattuti in un articolo interessante firmato da Federica Aceto per STRADE MAGAZINE, Rivista di STRADE – Sindacato Traduttori Editoriali.

L’articolo approfondisce l’annosa questione riguardante la mancata citazione del nome del traduttore in articoli o recensioni riguardanti libri tradotti. L’articolo affronta gli aspetti sotto il profilo legale, dà il conto delle azioni intraprese e quelle da perseguire intramezzando la dissertazione con il poco felice intervento di Baricco: “[…] per me, se il testo è buono la traduzione non conta. Io per esempio ho letto Adorno e Steinbeck in pessime versioni italiane, ma mi sono piaciuti lo stesso!”

Si è parlato molto, negli ultimi mesi, della mancata citazione del nome del traduttore in articoli o recensioni riguardanti libri tradotti; soprattutto ne hanno parlato i diretti interessati, promuovendo campagne informative e petizioni di protesta. Ma cosa dice esattamente la legge a questo proposito? E come è possibile farla rispettare? Federica Aceto risponde a queste domande, raccontando nel frattempo gli sforzi compiuti finora perché un diritto fondamentale e sancito dalla legge venga riconosciuto senza esitazioni.

COSA DICE LA LEGGE

Regolamento di attuazione della legge 633 (Legge di protezione sul diritto d’autore del 22aprile 1941), R.D. n. 1369 del 1942 (Approvazione del regolamento per l’esecuzione della L. 633/41) art. 33:

Per le opere tradotte, sulla copertina o sul frontespizio dell’esemplare devono essere impressi, oltre il nome e cognome del traduttore, il titolo dell’opera e l’indicazione della lingua da cui è stata fatta la traduzione.

Comma 3 dell’articolo 70 della legge 633 di cui sopra, consolidata al 9 febbraio 2008 :

Il riassunto, la citazione o la riproduzione debbono essere sempre accompagnati dalla menzione del titolo dell’opera, dei nomi dell’autore, dell’editore e, se si tratti di traduzione, del traduttore, qualora tali indicazioni figurino sull’opera riprodotta.

COSA SUCCEDE QUANDO LA LEGGE NON VIENE RISPETTATA

È raro che un editore “si dimentichi” di citare il traduttore, anche se ogni tanto succede. In questo caso al traduttore non resta che chiedere all’editore di porre rimedio alla sua “svista”, ritirando dal commercio le copie senza il nome del traduttore e rimettendo in circolazione il libro con le dovute rettifiche. L’editore è passibile anche di richiesta di risarcimento di danni morali.

Il secondo tipo di violazione è molto più frequente e, diciamolo, non è percepita affatto come una violazione da parte del giornalista, per esempio, che recensisce un libro e si dimentica (senza virgolette stavolta, perché se lo dimentica sul serio) di dire chi lo ha tradotto, ma specifica diligentemente in calce alla recensione editore, numero di pagine, codice ISBN, tipo di rilegatura e prezzo di copertina. In questo caso il traduttore può chiedere una pubblica rettifica da parte del giornalista (o chi per lui).

La mancata citazione del nome del traduttore è insomma una violazione del diritto morale di paternità dell’opera dell’autore, al quale il traduttore viene equiparato dalla legge.

8 MODI DI ESSERE INVISIBILI

Il nome del traduttore che non compare né in copertina, né sul frontespizio, né sul colophon.

Il recensore che cita passi interi di libri tradotti e riporta in calce all’articolo casa editrice, numero di pagine, codice ISBN, prezzo di copertina e tipo di rilegatura. Ma non il nome del traduttore.

Il nome del traduttore riportato non in copertina, non sul frontespizio, ma in corpo 8 nel colophon.

Il nome del traduttore riportato sul libro ma non sul sito dell’editore.

Reading e tavole rotonde di autori stranieri a cui il traduttore non partecipa, nemmeno nascosto tra il pubblico, perché non ne sa nulla, nessuno lo ha avvertito.

Fiere editoriali che nella sezione accrediti per gli addetti ai lavori prevedono varie figure tra le quali non compare quella del traduttore.

Il fatto che le traduzioni non hanno valore di pubblicazione in nessun tipo di concorso o graduatoria.

Fabio Fazio che in una puntata di Che tempo che fa consiglia la lettura di un libro di Simenon “recentemente tradotto da Adelphi”.

LE STRADE PERCORSE

Si è fatto tanto, soprattutto nel corso degli ultimi dieci anni, per pretendere il giusto riconoscimento pubblico del traduttore, grazie a iniziative di singoli o di gruppi di persone riunite sotto sigle quali Biblit, la Sezione Traduttori dell’SNS ieri e il sindacato Strade oggi.

Eccone brevemente alcune.

È del 2003 l’iniziativa dei Cavalieri Erranti della Letteratura, nata in seno alla comunità virtuale Biblit. Cos’era? Una lettera alla quale hanno aderito diverse centinaia di traduttori spedita a vari giornali italiani in cui si ricordava ai giornalisti l’esistenza della legge di cui al primo paragrafo, legge largamente ignorata e infranta da molti giornalisti, divulgatori, operatori culturali in genere. Lo scopo dichiarato era quello di far diventare norma redazionale l’obbligo della citazione del nome del traduttore.

Sempre Biblit, per diversi anni, ha tenuto un Osservatorio sulla stampa, per il quale decine di volontari controllavano quotidianamente giornali e riviste, segnando diligentemente quali recensori menzionavano il nome del traduttore e quali invece lo omettevano. Annualmente, in occasione della Fiera della piccola e media editoria di Roma, veniva consegnato un premio alle testate giornalistiche più virtuose.

Innumerevoli sono state le lettere di protesta, scritte a titolo personale o firmate collettivamente, inviate a giornalisti, redazioni, programmi radiofonici e televisivi. Tanti i commenti lasciati in giro nei vari blog culturali. Tante gocce minuscole sì, ma cocciutissime, che piano piano hanno cominciato a scavare la roccia.

Nel 2012 il sindacato STRADE ha redatto e pubblicato un vademecum legale e fiscale. Anche promuovere una maggiore consapevolezza dei diritti e dei doveri di una categoria è un passo importante verso un maggiore riconoscimento pubblico del valore del proprio lavoro.

L’INIZIATIVA DI ANDREA RÉNYI

Recentemente Andrea Rényi, traduttrice dall’ungherese, si è fatta promotrice di un’iniziativa che ha coinvolto un gran numero di partecipanti.

“Leggo regolarmente le recensioni sul quotidiano la Repubblica e sugli inserti”, dice Andrea, “e da un po’ di tempo ho cominciato a prendere nota dei casi di omissione. L’esempio più eclatante era la rubrica domenicale di Alessandro Baricco sui cinquanta libri che più gli sono piaciuti negli ultimi dieci anni. Un caso di una certa rilevanza, perché Baricco è uno degli scrittori più seguiti in Italia, le sue cinquanta puntate sono lette da milioni di lettori più o meno assidui e le grandi librerie di tutto il Paese dedicano spazi appositi a questi libri. Com’è possibile che Baricco, che deve parte della sua fama e fortuna ai suoi traduttori, non si ricordi di loro, dei co-autori dei libri che tanto apprezza? Il 2 febbraio butto giù una lettera indirizzata a lui, la faccio circolare su Facebook e in poche ore raccolgo 175 firme, prevalentemente non di traduttori. La invio alla redazione del giornale, nessuna risposta. Neppure nella puntata successiva è indicato il nome del traduttore. Rimando la mail aggiornata alla redazione e aspetto, ma non succede nulla. Pubblico allora la lettera sotto forma di articolo sul sito di Cado in piedi sottolineando che la legge equipara la dignità artistica del traduttore a quella dell’autore. Poi, finalmente arriva una puntata dove insieme al libro tradotto sono indicati almeno i cognomi dei due traduttori e la domenica dopo, e da allora tutte le domeniche, c’è tanto di nome e cognome del traduttore di turno.”

Un altro traguardo. Anche se la strada da fare è ancora lunga. “Una nuova campagna sta prendendo di mira le rubriche curate da Antonella Fiori, Tiziano Gianotti e Arnaldo Greco sul supplemento D di Repubblica”, ci dice Andrea Rényi. “ Recensiscono libri in uscita senza i nomi dei traduttori. Una mail con 112 firme è stata inviata alla redazione”. Questa lettera, inoltrata diverse volte, non ha ottenuto risposta. Vari traduttori hanno quindi deciso di mandare singole e-mail di protesta alla redazione di Repubblica. È stata pubblicata quella di Maurizia Balmelli. Solo che la collega Maurizia, sulla carta stampata, per motivi inspiegabili, si trasforma in Mauro Balmelli e la sua lettera è stata riportata con vari tagli, il più grave dei quali è forse quello delle numerose firme in calce alla lettera. In una seconda e-mail inviata alla redazione la Maurizia Balmelli scrive: “Quest’ultima mancanza – forse, e comprensibilmente, dovuta a ragioni di spazio – ci dispiace proprio perché la rivendicazione in oggetto è collettiva e ugualmente sentita da tutti noi, ed è quindi importante che venga diffusa a nome di tutti”.

A tutt’oggi questa lettera non ha avuto risposta e le recensioni pubblicate su D continuano a uscire senza il nome del traduttore.

INTERMEZZO COMICO

Andando a scavare negli archivi online del Corriere della Sera si trova un interessante articolo di Giulia Borgese del 1999, leggendo il quale apprendiamo che Karin Krieger, premiata traduttrice tedesca di Baricco, aveva avuto un contenzioso con la casa editrice Piper che nicchiava per non corrisponderle la dovuta percentuale sugli utili (perché in Germania, se si supera un certo numero di copie vendute, il traduttore ha diritto a una quota. Quello della partecipazione agli utili è un’altra storia. Ma ve la racconteremo presto, non temete) e che alla fine aveva mandato al macero le copie dei libri di Baricco da lei tradotti, affidando le nuove traduzioni a un traduttore evidentemente più remissivo. Baricco, interpellato a tale riguardo, aveva dichiarato quanto segue: “Mi dispiace per Karin che è una buona traduttrice ma, per me, se il testo è buono la traduzione non conta. Io per esempio ho letto Adorno e Steinbeck in pessime versioni italiane, ma mi sono piaciuti lo stesso!”

Un modo non troppo velato per dire che quello dei traduttori è un basso lavoro di manovalanza in cui la qualità e la preparazione contano poco o nulla.

Come forma di scherzosa protesta contro l’assurdità – diciamolo senza mezzi termini – della frase di Baricco (pronunciata tredici anni fa, è vero, ma tredici anni fa era comunque un uomo adulto e un autore di grandissimo successo internazionale) è nato su Facebook un gruppo che si chiama “Sostiene Baricco”. I membri di questo gruppo propongono la versione fatta da traduttori automatici degli incipit di vari capolavori della letteratura mondiale con esiti esilaranti, sicuri che Baricco sarebbe comunque in grado di cogliere la grandezza nascosta tra quelle righe e non avrebbe niente da ridire se un suo libro fosse pubblicato all’estero in versione Google Translate.

LE STRADE ANCORA DA FARE

E ora, in conclusione, concedetemi alcune frasi fatte: abbiamo vinto qualche battaglia, ma non la guerra; gli esami non finiscono mai; la carta stampata ha una magia che lo schermo di un computer non avrà mai;  il gatto è un animale indipendente; dagli e dagli si spezza anche il metallo; molto abbiamo fatto ma molto resta ancora da fare.

Cos’è che ci resta da fare, in soldoni? Quali strade è più giusto prendere per liberarci finalmente della condanna all’invisibilità, da quest’aura da parenti poveri che è meglio non invitare nelle occasioni importanti perché fanno fare brutta figura essendo socialmente inetti? Nel corso degli anni le lettere di protesta e le iniziative di mail bombing hanno prodotto qualche risultato. Ma l’aspirazione iniziale dei Cavalieri Erranti della Letteratura, cioè che diventasse norma redazionale obbligatoria citare il nome del traduttore nelle recensioni, non è ancora una realtà per molte pubblicazioni, anche alcune delle più prestigiose o delle più diffuse.

Internet, i social network, i blog ci offrono una preziosissima opportunità. Il tipo di visibilità che se ne ricava è meno duratura di quella che si aveva decenni fa partecipando, per esempio, a una singola puntata di Lascia o Raddoppia? Non avremo mai la fama imperitura della signora Longari. Dobbiamo rassegnarci al fatto che nessun risultato ottenuto è destinato a durare per sempre, il lavoro deve essere costante, l’immagine di categoria che proiettiamo all’esterno non potrà mai essere un santino immutabile, ma va ritoccata e tarata di volta in volta a seconda dell’interlocutore, della micro-epoca che stiamo vivendo, dei mezzi di comunicazione che usiamo.

Non dimentichiamo una cosa fondamentale: essere più visibili significa anche essere più esposti alle critiche. Ben vengano le critiche alle cattive traduzioni. Chi di traduzione vive, chi lavora con impegno e investe costantemente nella sua formazione sa che la stroncatura di una traduzione è un segnale positivo. Chi viene stroncato è tutto tranne che invisibile. In sostanza, una stroncatura è l’affermazione dell’importanza della qualità in una traduzione, è l’esatto contrario di quello che sostiene o sosteneva Baricco. La principale ricaduta positiva di una maggiore visibilità non è la gratificazione dell’orgoglio del singolo traduttore, ma è il riconoscimento pubblico di un mestiere fatto di impegno, aggiornamento continuo, competenze che vanno costantemente consolidate. Un mestiere in cui la preparazione conta tantissimo. Come tutti i lavori fatti male, una cattiva traduzione è una mancanza di rispetto nei confronti di chi usufruisce del nostro lavoro, è un pessimo servizio reso alla comunità, è una forma di tradimento, un imbroglio. Una maggiore visibilità del traduttore equivale a una maggiore responsabilizzazione e a una più elevata qualità del prodotto finale. Non è solo una questione di ego, insomma.

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Ci sono 4 commenti su ' Sul traduttore invisibile '

  • Giuliana Lupi ha detto:

    Grazie Viviana.
    Questo articolo mi tocca particolarmente in quanto traduttrice del primo dei 50 libri citati da Baricco (Open di Agassi). Avevo anche pensato di far notare l’omissione, ma poi ho lasciato perdere.(Magari la mia protesta sarebbe stata fraintesa, per l’appunto, come “una questione di ego”).
    Vorrei aggiungere ai casi segnalati un altro che ritengo eclatante: la rubrica “Libri” di Antonio D’Orrico su “Sette”, il magazine del Corriere della Sera. Mai che, pur recensendo opere di grandi autori, gli sia venuto in mente di citare il traduttore. A lui ho anche provato a mandare una mail per farglielo notare, ma mi è tornata indietro…
    Un’altra cosa che mi fa imbestialire è l’omissione del nome del traduttore nei siti di moltissime case editrici. E qui lo rimarco ogni volta che ne ho l’occasione, ma non ho mai ottenuto nulla.
    Grazie ancora a te e a tutti quelli che si battono per renderci meno invisibili

  • Viviana Picchiarelli ha detto:

    Grazie a te Giuliana!

    Come Azienda abbiamo il compito e il dovere di lavorare con professionisti degni di tale nome, compatibilmente con tutte quelle che sono le problematiche che il periodo particolare ci mette di fronte.

    La professionalità va riconosciuta, sempre.

    Purtroppo viviamo in un paese dove le logiche dominanti sono ben altre…

    Personalmente, mi auguro che la crisi faccia un bel “repulisti” e che si inizi veramente a dare a Cesare quello che è di Cesare.

    Grazie per essere passata di qui.

    A presto

    Viviana

  • Giuliana Lupi ha detto:

    Purtroppo temo che la crisi ci stia portando proprio nella direzione opposta: al professionista si preferisce chi “costa poco”, come ho sperimentato sulla mia pelle quest’anno. Ma chissà, forse prima o poi ci si renderà conto che è un risparmio soltanto apparente…
    Buon lavoro
    Giuliana

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