Intervista a Gianni Davico

Intervista a Gianni Davico

pubblicato in News

da il 17 gennaio 2011

Verto Group ospita nel suo blog Gianni Davico, autore de L’industria della traduzione. Realtà e prospettive del mercato italiano, il primo libro dedicato al mondo delle imprese di traduzione in Italia (2005), nonché socio fondatore di Tesi & testi (www.tesietesti.it), azienda di traduzioni nata a Torino nel 1995.

Gianni è sicuramente uno dei personaggi più attivi sul profilo dell’analisi del settore. Ha curato la pubblicazione di diversi articoli quali Agenzie maledette: per una nuova alleanza (2002); Un italiano a Manhattan. Tendenze del mercato americano delle traduzioni (2003); The ATA Conference: Impressions of a First-time Attendee (2004); Respect versus money in the translation business (2009) e Piedmontese, an endangered language (2009) ed è stato relatore in numerose conferenze e tavole rotonde organizzate da associazioni di categoria e professionisti del settore.

Innanzitutto Gianni, grazie per la disponibilità ad intervenire nel nostro spazio virtuale.

Iniziamo subito con alcune riflessioni in merito al testo che fino ad oggi rappresenta l’unica opera completa ed esaustiva sul mondo delle traduzioni in Italia, L’industria della traduzione. Realtà e prospettive del mercato italiano.

D: Nell’analisi effettuata, in cui emerge la tendenza del mercato delle traduzioni a concentrarsi su segmenti di fascia alta o molto bassa, dove si collocano le traduzioni eseguite in ottemperanza alla nuova Direttiva Macchine 2006/42/CE?

R: Non ci sono alchimie particolari o ricette segrete. La differenza, come sempre, la fa il marketing: più io riesco a differenziare il mio servizio e più posso prosperare.

D: Secondo te, fino a che punto le Agenzie, le Aziende e più in generale i traduttori sono oggi disposti ad “adeguarsi”ad una congiuntura economica globale che inevitabilmente rivede verso il basso l’investimento che i clienti sono disposti a sostenere per la traduzione della propria documentazione?

R: Il mondo cambia – continua a cambiare, per meglio dire – e così cambiano le necessità dei clienti. Ma anche le risorse dei fornitori: e nel caso dei traduttori sia i vari CAT che la MT sono degli alleati straordinari per migliorare il lavoro, snellirlo e di fatto produrre di più a parità di tempo. È normale che i clienti vogliano le cose più fretta, fatte meglio e a costo minore. Sta al fornitore valutare oltre a quale soglia non è conveniente andare. Anche perché il mercato delle traduzioni, come qualunque mercato, è fatto di compratori e venditori, non c’è qualcuno che detta legge. Capire e mettere in pratica questo semplice fatto aiuta molto nel rapporto con se stessi e, per conseguenza, con i clienti.

D: I sistemi CAT. In base alla nostra esperienza abbiamo notato una certa (seppure parziale) ritrosia nell’uso di questi sistemi, peraltro fondamentali per affrontare testi tecnici, e, soprattutto, un’approssimazione nell’uso di alcune applicazioni. I traduttori certificati o comunque veramente capaci di restituire un testo privo di anomalie sono relativamente pochi. Quali, a tuo avviso, possono essere le motivazioni?

R: Per esempio il fatto che si vedano la traduzione tecnica e l’informatica come due attività separate, mentre sono ormai inestricabilmente interconnesse. Oppure che si mettano in primo piano l’arte e la tecnica della traduzione senza tenere conto del fatto che i CAT possono dare vantaggi innegabili a chi li usa con criterio.

D: Chi è, quindi, secondo te, il traduttore professionista?

R: Colui/colei che analizza il proprio mercato, i propri punti di forza e di debolezza, si sforza di comprendere a fondo le esigenze dei suoi clienti e poi vi risponde nella maniera più efficace possibile. Efficace, e non necessariamente efficiente: perché l’efficacia è, in una parola, enormemente più redditizia – e divertente – che l’efficienza. Svolgere bene un compito trascurabile non lo renderà importante, mentre concentrarsi sulle cose importanti per portarle a compimento in fretta e bene è uno dei passaporti per il successo della propria attività e, di conseguenza, per il benessere a lungo termine.

D: Traduttore Madrelingua e/o Bilingue?

R: Le persone perfettamente bilingui sono estremamente rare, quindi di sicuro il primo caso.

D: Continua a persistere presso aziende di piccole/medie dimensioni la “curiosa” convinzione che sia sufficiente avere nel proprio organico del personale laureato in lingue o addirittura con una conoscenza basilare delle lingue acquisita alle scuole superiori per garantire la corretta traduzione della documentazione tecnica e, in alcuni casi, di marketing. Il risultato di ciò sono dei testi che, nella migliore delle ipotesi, possono suscitare l’ilarità di chi li legge, ma non di rado diventano manuali inefficaci o addirittura “pericolosi” per l’utente. Come intervenire per “sensibilizzare” i clienti?

R: L’idea di “sensibilizzare il cliente” non va a mio avviso nella giusta direzione. La pretesa che il cliente possa essere educato è fuorviante e supponente. Non sono io che devo educare il cliente, al limite sarà lui ad istruire me sulle sue necessità. E se sono bravo ad ascoltare, farò tesoro delle sue parole e gli proporrò delle soluzioni efficaci.

D: Questione “buyer”. Capita a volte di ricevere osservazioni da clienti in merito a traduzioni “riviste” dai buyer in loco. Molto spesso queste osservazioni derivano da una profonda conoscenza tecnica del prodotto ma nulla hanno a che vedere con la traduzione poiché nell’apportare modifiche non si tiene conto del testo sorgente (spesso addirittura non si conosce la lingua del testo sorgente) e si tende ad aggiungere o togliere arbitrariamente parti di testo, magari funzionali ai fini dell’efficacia del documento, ma con il rischio di falsare negativamente il giudizio del nostro committente sul lavoro svolto dal professionista, il quale, nello svolgimento della traduzione, non può esimersi dal riferirsi a determinate e precise regole. Anche in questo caso, cosa suggerisci per “sensibilizzare” il cliente?

R: Non c’è risposta a questa domanda, perché la soluzione imperfetta ma efficace del cliente sarà comunque meglio della perfetta e teorica soluzione del traduttore. Quel che si può fare è ascoltare, prendere atto e pensare a offrire soluzioni che tengano conto di punti di vista con i quali possiamo non concordare.

D: Alla luce degli spunti di riflessione che abbiamo voluto dare ma soprattutto in virtù delle modificazioni rapide del mercato, avverti l’esigenza di scrivere ancora su questo argomento oppure le analisi da te effettuate possono ancora risultare valide ed esaustive?

R: Be’, le traduzioni tecniche sono il mio mestiere da quindici anni, e scrivere è la mia gioia e la mia pena. Quindi mi viene naturale parlare di traduzioni quando ritengo di avere dei concetti significativi da esprimere. Non scriverò più libri del genere perché, con Pavese, mi piace pensare che “la mia parte pubblica l’ho fatta – ciò che potevo. Ho lavorato, ho dato poesia agli uomini, ho condiviso le pene di molti” (Il mestiere di vivere, 16 agosto 1950). E poi quando ho pubblicato L’industria della traduzione mi auguravo che avrebbe dato la stura ad un dibattito aperto. Una sorta di “dite la vostra che ho detto la mia”, per dirla con Pietro Aretino: speranza però che è stata in larga parte disattesa. Allora sono passato oltre, ho allargato la mia prospettiva ed è venuta fuori La vita 2.0 – ma questa, come sai, è tutta un’altra storia.

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